30 marzo 2019
Pain de Sucre
31 marzo 2019
Costa Serena

Lunedì già giravano i primi messaggi in chat:
-“il prossimo weekend sono libera, niente corso MTB: vogliamo fare due giorni di sci?”
-“ok per me…”
-“idem”
-“vediamo il meteo”
-“ok, aspettiamo la meteo”

Fortuna vuole che tra i chattatori ci fossero Cristina e Stefano che, memori delle uscite annullate a inizio stagione, propongono di organizzare un’uscita di recupero e si offrono come Capogita.

Idea iniziale il Sempione. Solo iniziale, perché trovare posto per 15-20 persone con meno di una settimana di anticipo senza spendere 200 euro a testa non sembra possibile. Se qualcuno fosse interessato al Sempione si ricordi di prenotare con almeno un mese di anticipo l’hospice.

Cristina e Stefano sono stati al Fourchon con altri amici la settimana prima: le neve primaverile era in buone condizioni nella Valle del Gran San Bernardo, quindi, perchè non bissare?

L’organizzazione poi sembra più semplice:
– il posto tappa di Echevennoz (o Etrouble, tanto son difficili da pronunciare entrambi) ha due appartamenti multicamera per noi, ad un prezzo abbordabile.
– le condizioni della neve, per quanto mutevoli, sono state valutate la settimana prima
– chi non riesce a fare una due giorni può venire in giornata

Ritrovo alle 5:30 nel buio parcheggio di Venaria.

Solo Marco, con la frontale sempre in testa riesce a vedere qualcosa.
Siamo tanti oggi, molti faranno il giro della giornata e iniziamo a dividerci nelle macchine.
Chi manca?
“Manca ancora Spartaco, poi Lino..”

Spartaco ha un nome che è tutto un programma, sì sì è uno dei nostri Capogita anche se si vede poco.
Lino chi è?
Se ne esce Valeria con “Ah sì, quel bel ragazzone!” e quando Lino arriva, lei non riesce a star zitta: “Ah no scusa, ti avevo scambiato per un altro, mi ricordavo un bel ragazzone… senza barba”.

Bello o brutto poco importa, sicuramente di spirito però perché ci informa che ha dovuto farsi crescere la barba o non avrebbe più saputo come gestire tutte quelle donne…
In fondo era ancora buio e la frontale di Marco puntava altrove, più avanti nella giornata Valeria si ricrederà (anche perchè gli scialpinisti son tutti belli!)

Dopo il ritrovo con i valligiani al Bar di Renza a Gignod, ci dirigiamo verso Saint Rhemy, parcheggiamo alla bell’e meglio e calzati gli sci, iniziamo a risalire il vallone che ci porterà fino ai 2919m del Pain de Sucre.

La strada che porta al colle del Gran San Bernardo si nota fin troppo, con i suoi merletti che fanno mostra di sè, ma noi stiamo a Est e con qualche gucia riusciamo a salire incontrandola una sola volta.
Non è esattamente coperta di neve, ma con due mosse attraversiamo l’asfalto e possiamo proseguire.

Il percorso è per buona parte lo stesso del Fourchon che alcuni di noi hanno fatto la settimana scorsa.

Il gruppetto di testa, formato dal Capogita Livio e da qualche paio di buone gambe, mi ha staccata da un po’, non li vedo più.
Non vedo neanche più il gruppetto degli inseguitori: quelli che non importa se neanche sanno dove stanno andando, loro inseguono i più lesti a testa bassa.

Vedo solo Lucia che, ferma al colletto mi dice, indicando a destra: “Ma che ci fanno sul Fourchon?”
Non saranno i nostri penso io, ma lei mi fa notare che uno è totalmente vestito di giallo fosforescente: vuoi che davvero ci sia un altro scialpinista che si veste come il nostro Germano?

Due parole in radio e la situazione si fa chiara: il percorso è a sinistra, come ci aspettavamo, ma gli inseguitori si son distratti e hanno inseguito un altro gruppo.
Poco male, avvisati in radio con epiteti che non è il caso di riportare, fanno retrofront e in men che non si dica ci riprendono.

Lasciamo gli sci al colle e si sale con i ramponi.

O almeno la maggior parte sale. Io torno sui miei passi appena si fa un po’ più ripido.

Posso dare la colpa al fatto che non avevo con me la picca, posso dare la colpa a chi in radio suggeriva di non salire a coloro che non si sentissero molto sicuri, ma il termine tecnico più appropriato è “mi son … in mano e son tornata indietro”.

Tanto il bello doveva ancora venire: discesa per il canale Sud Ovest, o per il suo ramo Est.

Visto il traffico congestionato sul canale principale, un gruppetto di coda scende sul canale parallelo “che è più facile”.

E qui parte la diatriba: qualcuno sostiene che fossero equivalenti, due rette parallele che partono dalla stessa vetta e arrivano allo stesso piano non possono che essere ripide.
Qualcun altro fa notare come il canale di destra facesse una curva diversa e fosse più largo.

Ognuno può dire e credere quel che vuole: rimane che la neve era perfettamente trasformata e quella discesa una pura goduria.

Superato il pezzo ripido la mandria si butta verso valle senza rispetto ne ordine, proprio come non si dovrebbe fare in ambiente montano, ma con una neve del genere si può chiudere un occhio, anche due.

Arriviamo felici e col sorriso al parcheggio: è solo il primo giorno.

Qualcuno rientra a Torino, qualcuno si fa il pisolino in albergo, qualcuno due passi fino a Etrouble.

A cena siamo una decina, la cucina ci è sembrata decisamente buona e casalinga.

Casalinga nel vero senso del termine: cucinando a casa non si indossa la cuffia da cuoco tant’è che Luigi trova un capello nella minestra e fa finta di niente, ma quando il capello lo trova Germano nelle patate a stento lo tratteniamo dal fare una scenata.
La vicenda viene scherzosamente riportata ai torinesi assenti che candidamente replicano “Nella patata di chi?”

Nuovo giorno, nuova gita.
Partenza dalle piste di Crevacol per Costa Serena.
Alberto e Elisa ci raggiungono da Torino, Livio dalla Vallèè e via, si riprende.
Gli impianti sono fermi, qui la neve non c’è più, c’è solo erba, ma basta camminare cinque minuti e superare il viadotto per poter calzare gli sci.

Saliamo costanti con qualche ricompattamento e raggiungiamo facilmente la meta.
La cima è già primaverile: saliamo a piedi sul sentiero estivo.
Oggi le quote rosa sono in maggioranza e vincono la foto di vetta, altro che mimosa!

Il primo tratto di discesa ci fa rimpiangere la neve di ieri, ma poi migliora decisamente.
A Est la trasformazione è in atto, anzi è completa!

Perdiamo un po’ di tempo nella ricerca di una radio smarrita: o meglio Stefano risale un buon tratto per cercare la radio smarrita, mentre tutti gli altri perdono tempo.
La missione va a buon fine: non dobbiamo ricomprare una radio.

Forse è grazie a questa ripellatina che Stefano si è sentito autorizzato a pubblicare su Facebook un dislivello assolutamente falso, ma dignitoso.

Gita anomala senza tavolino: non ci resta che fare visita a Renza del Bar la Gabella di Gignod e ai suoi panini di moccetta e fontina e questa volta ci ha anche offerto le bugie, come dire ci siamo affezionati.

Il solito grazie ai Capogita stavolta è ancora più sentito, perché hanno dedicato a noi del GSA un weekend teoricamente “libero”

silvia


Fotografie di Germano Cravotto, Stefano Oldino, Silvia Tessa e Livio Topini

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