RAID 30 aprile – 4 maggio 2011
Alpi Marittime – Gelas Maledia

Finalmente!

Si, finalmente i nomi epici letti solo sulle carte che in molti di noi evocavano posti e passaggi senza una fisionomia ben definita sono diventati reali.

Canale degli Italiani, Balcone del Gelas, Passo di Mont Colomb, Maledia, Passaggio dei Ghiacciai … sono solo alcuni dei posti che hanno preso forma in questi giorni sotto i nostri sci e soprattutto, sotto i nostri occhi.

L’ambiente è quello severo delle Alpi Marittime, posto sul confine tra Italia e Francia, in una curva strana del confine, in cui le nostre valli sono poste a nord e quelle transalpine a sud.

Il posto è, permettetemi quest’espressione, MERAVIGLIOSO!!

Si perché siamo a meno di 40 chilometri dalla costa azzurra, nei fondovalle si respira aria di mare e dalle cime si vede bene la montagna di Monaco e il golfo di Nice, eppure, la quantità di neve di queste montagne conferisce all’ambiente una severa maestosità, che a tutti noi pareva di essere nell’aria dei 4000…

Ma partiamo con ordine.


Mercoledì 27 marzo,

consueto ritrovo in Galleria Subalpina per fare il punto della situazione.

Il meteo è davvero quanto di più incerto si possa pensare ma i Capogita sono determinati a partire perché l’evoluzione potrebbe prendere qualsiasi strada.

Decidiamo però di raggiungere il rif. Genova direttamente dal vallone della Rovina, senza passare per il col Chiapous come da programma.


Sabato 30 aprile, finalmente!! Si parte.

La giornata è uggiosa, in autostrada alcune gocce di pioggia cadono sui vetri dell’auto ma siamo pronti a prendere anche una doccia salendo …

Arrivo al lago della Rovina con le auto, il gruppo è fatto, a noi Torinesi si sono uniti i 2 mitici Local: Enrico e Paolo, che ci dimostreranno conoscere queste valli come le loro tasche.

Ultimi preparativi nella preparazione dello zaino, questo lo prendo, quello meglio di no, ma il tuo quanto pesa?

Hai tarato l’altimetro?

Poi si parte davvero.

Il catino del lago della Rovina è molto ripido su tutti i versanti, ma se si guarda bene, si nota sulla dx orografica, un sentiero attrezzato che sale ripido verso il lago superiore.

Risaliamo a piedi, con gli sci sulle spalle questo ripido sentiero, attrezzato con cavi e scalini metallici sino a giungere sul terreno innevato della parte superiore.

Messi gli sci, rapidamente si prende quota ed in breve saliamo dai 1535m della Rovina ai 1978m del lago del Chiotas.

Contorniamo il lago e brevemente con un’ultima risalita siamo al rif. Genova 2015m.

Non abbiamo preso nemmeno una goccia d’acqua, che fortuna!

Ci attende Dario, il simpaticissimo gestore.

Il rifugio è solo per noi, l’ambiente all’interno è già un po’ scaldato e dopo aver messo ad asciugare le nostre mercanzie si comincia con una bella caraffa di “Bianco” offertaci dal gestore.

Il morale è alto e il tempo vira al bello, si aprono ampi squarci nel cielo e la sera promette bene.

Dal “Bianco” si passa al “Rosso” e la cena si rivelerà davvero piacevole.

E’ sera ormai, fuori non si vede quasi più perché è buio ma ciò che più ci scalda è che il tempo è sereno, questa notte gelerà.

Domenica 1 maggio, colazione ore 6.00.

Oggi si comincia per davvero!!

La temperatura sul termometro esterno segna 1°C sottozero, ma la neve appena ci montiamo sopra ha una crosta cedevole sotto il nostro peso, probabilmente il rigelo non è stato sufficiente…

Il meteo è splendido e nell’ombra mattutina partiamo costeggiando il lago di Brocan.

Ci teniamo sulla sx orografica del vallone e saliamo velocemente in una sequenza di gradoni che portano ad imboccare il vallone che sale al colle di Brocan.

Il sole è forte e, avendo nevicato fino al giorno prima, dalle cime più ripide colano ogni tanto della slavinette di neve farinosa.

La traccia da battere non è profonda e brevemente siamo al colle.

Davanti a noi, splendido, il canale Ovest della Cima dell’Agnel che rimarrà un sogno perché la neve di oggi ha ancora bisogno di un assestamento.

Dal colle un brevissimo traverso ci porta sotto un canale posto sul versante del vallone di Nasta.

Lo risaliamo con una serratissima teoria di inversioni fino al punto in cui la ripidezza ci consiglia di togliere gli assi.

Calzati i ramponi raggiungiamo un altro colletto e con una rampa successiva di circa 40 metri siamo a due passi dalla cima di Brocan 3054m.

Dalla vetta il panorama è grandioso, a breve distanza la cima dell’Argentera, la Regina delle Marittime e ancor più vicino, dalla parte opposta il Ghiliè, che sarebbe stata la meta della sociale (la teniamo in serbo per il prossimo anno perché si tratta di una traversata bellissima).

Foto di rito e giù per il canale scendendo faccia a monte a causa dell’inclinazione.

Ci rimettiamo gli sci nel punto in cui li avevamo lasciati, e giù sulla “farina” per i 150 metri appena sopra il colle.

La neve è molto bella e seppur si viaggi sui 35° non ci sono problemi di sorta.

Dal colle l’esposizione cambia e la neve diventa più morbida, la discesa è sulla via di salita e in breve torniamo al lago da cui eravamo partiti.

Superiamo il rifugio Genova e sul bordo del lago del Chiotas ci fermiamo per cambiare assetto.

Si rimettono le pelli e ci si rifornisce di acqua fresca sul torrente.

Finora abbiamo realizzato un migliaio di metri di dislivello e sappiamo che per il passo di Finestrelle, a cui dobbiamo risalire, ne mancano circa 450.

Il vallone è ampio e il sole caldo (troppo), saliamo senza affanno e dopo poco più di un ora siamo al colle.

Gli ultimi 100 metri lineari, quasi in piano, sono percorsi a bocca aperta.

Di fronte a noi la nord del Gelas, ammantata di neve, brilla di una luce limpidissima.

L’aria è talmente tersa che proprio sul ghiacciaio pensile, che si diparte ripidissimo dalla cima, si intravedono le tracce di sciatori che l’hanno scesa in mattinata.

Dai 2463 metri del passo si vede già il fondo del vallone formato del torrente Gesso della Barra.

Molto velocemente, sci ai piedi, raggiungiamo il rif. Soria 1840m, inaspettatamente frequentato (sarà l’unica occasione in tutto il raid di incontrare un po’ di variegata fauna di montagna, escursionisti, scialpinisti, ciaspolatori…).

Da oggi e per tutto il raid inaugureremo una serie di deliziosi pranzetti preparati dei gestori, che caratterizzeranno tutti i giorni a venire.

Il tempo è splendido, mettiamo ad asciugare tutta l’attrezzatura e il pomeriggio vola velocemente.

Tutti i frequentatori della giornata riprendono la via di casa e il posto resta tutto per noi.

Il gestore, apparentemente molto riservato, inizia a chiacchierare e scopre di aver alcune conoscenze in comune con Enrico e Paolo (ah questi cuneesi) e il dopocena è allietato da aneddoti e problemi di chi vive su per i monti.

Lunedì 2 maggio, il giorno del Gelas!

Ore 6.00 colazione e poi via, verso la famosissima Gorgia della Maura, uno dei pochissimi luoghi delle Marittime in cui è possibile trovare neve per tutto l’anno.

La gorgia è piena di neve e il suo passaggio si rivela un semplicissimo pendio.

Raggiungiamo velocemente i 2700/2800 metri e con il naso all’insù ammiriamo la nord della nostra meta, che così incrostata di neve ci riserva un aspetto Patagonico.

Un traverso verso sinistra ci porta alla base del Canale degli Italiani; più che un canale si tratta di una paretina nevosa di circa 150 metri con inclinazioni che nel loro massimo toccano i 50°.

La nebbia nel frattempo è scesa sulla montagna e l’ambiente si fa ancora più severo.

Una alternanza di schiarite e nubi ci isolano, la concentrazione è massima ma siamo fortunati: la neve è morbida, con picozza e ramponi saliamo senza problemi.

Il canale termina ai 3085 metri del Balcone del Gelas; da questo punto abbiamo davanti il Canale dei Francesi che porta al colletto posto tra la cima nord e la sud del Gelas.

Il tempo migliora, le nebbie restano in Italia e sul versante francese fa capolino il sole, siamo proprio fortunati!

Via le pelli e con un traversino facile ci troviamo alla base del canale.

Cosa facciamo con gli sci?

Li portiamo ovviamente!!

Circa 100 metri di canale e siamo alla sella, da cui in meno di 5 minuti arriviamo in cima.

Dalle foto viste nel rifugio dovrebbe esserci la statua di una Madonna lignea ma non ne troviamo traccia.

C’è solo la parte superiore di una croce e allora capiamo che c’è talmente tanta neve che è tutto coperto sotto i nostri piedi.

E’ meraviglioso!!

Ci stringiamo le mani, i sorrisi sono sul viso di tutti, il panorama spazia anche oggi dal mare alle vette circostanti, tutte candidamente bianche.

Guardiamo le cime dei prossimi giorni con la speranza si possano “intascare” come da programma, una per una…

In un attimo scendiamo alla sella, via le pelli e giù per il canalino.

Lunghezza 100 metri, pendenza 40°/45°.

Per primo parte Orfeo, lo spazio non è largo ma la neve è morbida.

In breve, chi con abili curve saltate, chi derapando i primi metri, raggiungiamo la splendida terrazza del Gelas sul versante francese.

Il sole ormai è con noi, la tensione scende e ci si ferma per una meritata sosta.

Incrociamo altri scialpinisti che salgono dalla Francia: provengono dal vallone in cui dobbiamo scendere, precisamente dal Rifugio Madone de Fenetre.

La discesa è entusiasmante, la neve un firn bellissimo, vorremmo non finisse mai…

A circa 2100 m. non è più possibile tenere gli sci, siamo sul versante sud e da qui il vallone si percorre a piedi.

Poco male, si tratta solo di 200 m in discesa che ci portano al curioso complesso in cui è situato il rifugio.

Si tratta di una serie di costruzioni tra cui spicca il santuario, Madone de la Fenetre appunto.

Prima notizia: come gli altri, il rifugio è solo per noi; seconda notizia: c’è l’acqua calda, terza notizia: il gestore ci prepara 2 omelette con dentro ogni sorta di ingrediente.

Non poteva esserci accoglienza migliore.

La camerata sopra è pulita, ampia, confortevole.

Sarà un pomeriggio piacevolissimo in cui ritemprarsi.

Il gestore si rivela un vero simpaticone e durante la cena scopriremo che ha vinto un premio di cucina di quelle valli, il pasto difatti sarà ottimo.

La sera visita autogestita al santuario; con le frontali entriamo in chiesa con una curiosa chiave da 1 kilo…

Martedì 3 maggio.

Risaliamo a piedi i 200 metri scesi ieri fino ad incrociare sulla destra il vallone che sale al passo di Mont Colomb.

Rimettiamo gli sci e saliamo rapidamente sino al colle con un ultima ripida rimonta.

Il colle è uno stretto intaglio tra le rocce che dal lato opposto si fionda per un centinaio di metri con un canale ripido.

Nessun problema, sci ai piedi in pochi secondi lo scendiamo su di una neve bella riscaldata e ci fermiamo nel plateau sottostante.

Qui svuotiamo gli zaini, tenendo solo il poco materiale che potrebbe servirci e ci incamminiamo verso la cima del Monte Colomb 2816m.

I pendii sono molto ripidi ma con lo zaino mezzo vuoto si sale agevolmente.

La cima è presto raggiunta e sotto di noi, a picco sulla verticale, possiamo vedere il Rifugio Nice che ci accoglierà per la notte.

Di fronte gli splendidi pendii del Clapier ci fanno subito capire che quella di oggi sarà una giornata di sci alpinismo da accademia…

La discesa è entusiasmante!

Pendii molto ripidi con neve perfettamente trasformata.

Arrivati al plateau rifacciamo gli zaini e scendiamo alcune centinaia di metri di dislivello fin sulla diga del Lac de la Fous, nei cui pressi è sistemato il rifugio.

Si contorna l’invaso e una rimonta di 50 metri ci porta alla struttura.

I gestori non ci sono ma il rifugio è aperto con un messaggio in cui veniamo avvisati che arriveranno nel pomeriggio.

Il Clapier è l’unica cima di quelle toccate che non necessita di attrezzatura particolare, si tratta infatti di splendidi pendii tutti completamente sciistici; lasciamo quindi il materiale non necessario e partiamo per gli ultimi 800 m di dislivello della giornata.

Le rimonte sono ripide, il sole picchia veramente duro oggi.

Dario aveva detto che non sarebbe salito, ma oggi la cima che ci aspetta è davvero il paradiso dello scialpinista, e anche lui sale con tutti noi.

In poco più di un’ora e mezza siamo al punto trigonometrico della cima, 3045m.

Dalla vetta il panorama è indescrivibile.

Siamo sul primo tremila che si trova partendo dal mare.

Dalla vetta possiamo vedere le costruzioni de La Turbie dietro Monaco e l’immancabile golfo di Nice.

A pochi passi il ghiacciaio Clapier, il più meridionale delle Alpi.

La Maledia vista di taglio sembra una cima inaccessibile, ma dove cavolo si passa domani?!?

Per la discesa ci sono poche parole e molti sorrisi, il Clapier è degno del suo nome!

800 metri di pura goduria fino ad arrivare con gli sci sui tavoli del dehor inondato dal sole.

Come per i rifugi precedenti, chiediamo ai gestori di prepararci un pranzetto e ci dividiamo in 2 tavoli, soupe per i primi, affettati e formaggi per gli altri, il tutto innaffiato da birra e panachè.

Il Nice è stato appena ricostruito ed è davvero moderno e confortevole.

L’ambiente è davvero incredibile, questa valle, La Gordolasque, situata a sud delle cime di confine, gode di un innevamento che non abbiamo trovato nelle nostre valli nemmeno in pieno inverno.

E’ tutto completamente bianco a perdita d’occhio.

Una bella stufa a legna scalda il refettorio e l’ora di cena arriva in fretta.

La sera, come le precedenti, fuori è tutto stellato, le previsioni per domani sono buone, ci attende l’ultimo giorno, forse il più intenso…

Mercoledì 4 maggio, si torna a casa.

Scendiamo i pochi metri che separano il rifugio dal lago e contorniamo lo stesso fino a raggiungere il vallone che si incunea verso la Maledia.

I gestori ci hanno consigliato di affrontare il primo pendio con i ramponi, si tratta infatti di un tratto molto ripido.

Proviamo con gli sci ed i coltelli e con qualche cautela nelle inversioni raggiungiamo il famoso Lac Long posto sotto la sud della Maledia.

Il tempo si guasta, dall’Italia infatti sopraggiungono i primi nuvoloni.

Ma come?

Proprio oggi che doveva essere il giorno più bello?

Ognuno di noi risale le sponde ripide del lago con un pensiero in più…

Decidiamo di aggirare la salita diretta al colle della Maledia e ci spostiamo verso sinistra in un vallone che inizialmente è meno ripido.

Lo stesso si stringe in un canalone di un centinaio di metri che termina con una pendenza di 50° sulla cornice che si intravede lassù.

Carichiamo gli sci e calziamo i ramponi nella nebbia lattiginosa che ci ha ormai raggiunti.

Piccozza in mano saliamo sulla verticale del couloir.

L’uscita dal canale si rivela ostica, la cornice è un poco aggettante ma dopo un paio di ravanamenti, Paolo riesce ad aver ragione del passaggio e sbuca sull’altro versante.

Per precauzione si cala la corda ed in breve siamo tutti dall’altra parte, meno uno anzi…

Renato infatti, credendo che tutti siano passati, recupera la corda, ma Roberto è l’ultimo e deve ancora superare la cornice, e se la vede sfilare dalle mani.

Lo sguardo dei 2 si incrocia interrogativo e con una risata tutti sono finalmente dall’altra parte.

Siamo completamente avvolti dalla nebbia, ma in alcuni istanti ci sono delle schiarite che ci indicano la strada da seguire.

Ancora con i ramponi ai piedi ci avviciniamo al piano che ospita il lago della Maledia, ghiacciato quasi per 12 mesi all’anno.

A questo punto non resta che posare gli sci per affrontare la parete che ci porterà in cima.

Ci infiliamo nel canale di destra, che pur essendo il più stretto ha il vantaggio di non terminare nel vuoto.

La progressione è lenta ma sicura, la neve è polverosa e intonsa (chissà quando è passato l’ultimo salitore?)

Superiamo l’intaglio e siamo sui pendii superiori.

Incredibile!

Il cielo si apre.

Ultimi passi e siamo ai 3061 metri della cima.

Il cielo si è aperto ma è ancora una alternanza di sole e nebbie.

La cima è un esile cornice che ci deve ospitare a turni.

Lo sguardo verso la Francia è pulito, verso l’Italia invece predominano le nebbie; solo i Gelas svettano sopra tutto con le 2 cime e il canale che abbiamo risalito due giorni prima.

Si scende in una alternanza di schiarite e rannuvolamenti, ed in poco tempo raggiungiamo il plateau dove abbiamo lasciato gli sci.

Ci fermiamo a mangiare, felici della cima raggiunta, proprio davanti a noi, invisibile però nelle nebbie.

Ma anche questa volta saremo premiati.

Dopo pochi minuti infatti, alcune raffiche di vento spostano le nubi e la nord della Maledia appare in tutta la sua bellezza.

Non possiamo che confermare che si tratti della cima più bella ed elegante di tutte le Alpi Marittime.

Abbiamo adesso due opzioni per tornare verso casa: scendere al lago bianco per risalire di 200 metri fino al famoso Passo dei Ghiacciai o tagliare a sinistra con lunghi traversi che ci permettono di non perdere quota?

La neve in discesa non è bella e quindi propendiamo per la seconda, meno faticosa e più rapida per poter essere sul versante di discesa nel più breve tempo possibile, visto che la visibilità sul versante italiano non è ancora stabilizzata.

Dopo un primo traverso ci ritroviamo su di una selletta che precipita per pochi metri sul versante opposto.

Enrico apre la strada in discesa e con la piccozza in mano e gli sci sullo zaino scendiamo questo breve ma ripido pendio tra neve e roccette.

Rimettiamo gli assi e con un altro traverso raggiungiamo il passo.

Non è finita qui però.

Non si può scendere dall’altra parte, è troppo ripido.

Bisogna togliere ancora gli sci e risalire una bellissima cresta di neve affilata fino ad un punto in cui è possibile traversare sull lato opposto.

Ecco, ora ci siamo!

Un ultimo traverso e finalmente siamo sotto la nord del Gelas.

Il tempo si è stabilizzato, adesso il sole è forte e non ci resta che scendere sul Rifugio Soria.

Ci spogliamo delle giacche più pesanti e dopo poche curve scopriamo che la neve, su questo versante è decisamente più sciabile.

Anzi, più si cala e meglio diventa.

Affrontiamo la Gorgia della Maura per l’ultima volta ed in un attimo siamo al piano sottostante il rifugio.

Ancora pochi metri e la neve termina.

Non resta che caricarci gli sci sullo zaino e imboccare la strada di discesa.

In un ora e trenta siamo a San Giacomo dove Enrico ha lasciato un auto.

In breve gli autisti degli altri mezzi rientrano in possesso delle loro auto e siamo tutti riuniti per poterci finalmente cambiare.

Terminiamo in piola con una mangiata degna della chiusura di un raid, in cui possiamo festeggiare il compleanno di Orfeo e ringraziare i capogita per questi bellissimi giorni.


Non ha importanza elencare chi fossimo.

Non ha importanza sottolineare il più veloce o il più generoso.

Abbiamo giocato per 5 giorni con le nuvole e il sole, nessuno mai troppo avanti e nessuno mai troppo indietro.

Siamo saliti e discesi da quelle montagne come fossimo un’unica cosa.

Si è trattato di un percorso di alto livello, in cui abbiamo cambiato assetto di frequente.

I ramponi si sono avvicendati agli sci, la piccozza ai coltelli, e il tutto con estrema rapidità e naturalezza.

Abbiamo condotto un tipo di scialpinismo in chiave moderna, dove ripide salite permettono splendide discese ed il programma si può inventare giorno per giorno, in base alle condizioni ed al meteo.

Ogni Raid si caratterizza per un aspetto particolare.

A questo raid, in perfetto stile Piemontese, i fatti hanno preso il sopravvento sulle parole, ed è stato bellissimo…


Un ringraziamento particolare a chi ha ideato e condotto il gruppo.

Con un pizzico d’orgoglio per quanto è stato fatto e per come è stato fatto.

Roberto

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