AMARCORD
1991 – Un Raid … senza Sindaco !!!

RAID SCIALPINISTICO IN APPENNINO
XXVI RAID GSA – Anno 1991


Antefatto
Ne avevamo a lungo discusso in sede, alla ricerca della logistica migliore in funzione degli itinerari da percorrere.
L’idea di partenza era di visitare i maggiori gruppi dell’Appennino Centrale, purtroppo non collegabili con continuità e quindi utilizzando le auto per gli avvicinamenti.
Alla fine la scelta cade sulle cime dei gruppi: Majella, Sirente, Velino e Gran Sasso.
Carlo e Beppe mettono insieme un po’ di documentazione cartografica al 50mila e Aldo e si occuperà delle prenotazioni.
Il racconto che segue è stato ricostruito sulla base degli appunti di viaggio di Aldo, integrandolo con ricordi personali riemersi durante la rilettura.


Sabato 9 marzo
Trasferimento Torino – Campo di Giove (Aq)

Ore 6,00 doppio ritrovo.
Il primo sotto casa di Carlo S. dove si radunano Beppe, Aldo, Sergio, Carlo R., Giulio come il solito sbaglia strada e arriva con il canonico ritardo di un quarto d’ora.
Nel frattempo Carlo S. scende in strada senza materiali e zoppicando notevolmente; due giorni prima è andato a sciare in pista con la moglie e quasi da fermo rimediava uno strappo ai muscoli del polpaccio sinistro.
Non ha voluto informare nessuno per evitare di causare delle defezioni o rinvii.
Ci consegna tutta la documentazione e a malincuore lo lasciamo sul marciapiede.

Ci ritroviamo con gli altri al casello di Villanova, senza lo ”Strappato”, con destinazione Sud.

Viaggio piacevole tra risate e battute.
Ci si ferma all’autogrill di Orvieto: due “aristocratici” vanno al self-service e si siedono a tavola, mentre gli altri, seduti fuori sugli scalini, spizzicano i panini portati da casa. Sorvolo sulle battute che hanno accolto gli “aristocratici” al loro ritorno.

Proseguiamo e usciamo al casello di Cocullo – Pratola Peligna.
Tempo incerto, con nuvole e foschia dai 2000 metri in su.
Sopra le nostre teste passa un uccello “cu-cu”, quasi a confermarci che quello è il suo regno.
Scendiamo a Sulmona e risaliamo a Campo di Giove per ispezionare la partenza di domani. Scartiamo la prima possibilità dagli impianti di Tavola Rotonda e scegliamo Fonte Romana e il suo bel bosco.
E’ ormai pomeriggio inoltrato.
Troviamo la Trattoria D’Amico, pulita e ospitale e ci sistemiamo. Cena splendida in ambiente ospitale. Non so domani, ma questa sera è andata proprio bene.
Usciamo a fare due passi: il cielo è stellato e la temperatura fresca.


Domenica 10 marzo
Gruppo della MAJELLA – Monte AMARO 2793m

Sveglia alle 5,15.
La gentile sig.ra D’Amico si è alzata per prepararci la colazione.

Trasferimento in auto a Fonte Romana.
Seguiamo il sentiero estivo sino al pianoro 1420m, dove svoltiamo a sinistra e risaliamo tutto il bosco sino a quota 1800m.
Tempo molle, con nuvole e nebbie, qualche sporadica schiarita.
Traversiamo in diagonale per portarci al centro del canalone che scende dalla Forchetta della Majella. La neve è dura a tratti gelata.
Oltre i 2100m il pendio s’impenna oltre i 35°.
Tutte le tecniche sono buone: rampant, bilgheri ramponi, unghie. Guai a farsi sfuggire qualcosa, si fermerebbe 700 m più in basso.

Dopo circa 3 ore i primi arrivano al colle. Mentre si attende la ricomposizione del gruppo, il tempo si guasta definitivamente: siamo avvolti nella nebbia e nevica polistirolo.
Davanti a noi (ma dove?) ci separa dalla cima, 8 km e 400 m di dislivello.
Consulto.
Decidiamo di proseguire nella Valle di Femmina Morta e piantare le bandierine.

Non sappiamo, dove siamo. Abbandoniamo il fondo del vallone e iniziamo ad alzarci troppo presto sul fianco dell’Altare dello Stincone, col risultato di digerirci chilometri di mezza costa.
In mezzo ad una schiarita intravediamo la vetta. E’ ancora molto distante ed è già mezzogiorno.

Risaliamo la spalla che porta a Grotta Canosa e percorsa la lunga e quasi piana cresta arriviamo in cima, dove troviamo un bivacco a forma d’igloo. 6,30 – 7,30 ore soste comprese.
In punta incontriamo anche un gruppo locale, che era stato avvertito dal paese (via radio) della nostra presenza. Sono in cinque: tre, con gli sci e due a piedi. Provengono dalla Direttissima (chi sapeva che esisteva questa variante, batta un colpo).

Alle 14,30 scendiamo in una nebbia fittissima. Tracce di scarponi e poi le nostre bandierine ci aiutano a ritrovare il fondo del vallone di Femmina Morta e la Forchetta della Majella.
Il primo tratto di discesa non consente errori, impossibile fermarsi in caso di caduta. Alcuni lo ripercorrono con i ramponi ai piedi.
Dopo 11 ore rientriamo a Fonte Romana.

Il primo assaggio d’Appennino è stato veramente sostenuto. in compenso la signora D’Amico ha preparato una cena pantagruelica che ci fa dimenticare le nostre fatiche.


Lunedì 11 marzo
Trasferimento a Rocca di Mezzo (AQ)

Colazione alle 8,30.
Beppe alle 6,00 è andato a correre ed ha litigato con un cane, che l’ha morso. Adesso correrà ancora più in fretta.
Ultime foto alle vecchie case di Campo di Giove. Pioviggina.
Andiamo a visitare Scanno e al ritorno, prima d’andare a Rocca di Mezzo, passiamo sotto il Sirente, ma non si vede nulla.
Nuvole nere sino a 1600 m, piove.
Troviamo l’albergo Caldore 2° cat.; vedremo domattina.


Martedì 12 marzo
Gruppo del Velino Sirente – Monte Velino 2486m

La salita al Velino prevede una gita di due giorni, con pernottamento al rifugio Sebastiani.
Manco a dirlo il tempo è come ieri ma noi, imperterriti, andiamo alla partenza di Rocca di Mezzo.
Arriviamo e le nuvole sono 400 m sopra le nostre teste, il Velino possiamo scordarlo, il percorso è troppo lungo e complesso per queste condizioni.

Che si fa?
VOTAZIONE! Risultato: 5, si va e 5, si torna (ti pareva!)
Torniamo in albergo, cerco il gestore del Sebastiani per avvertirlo.
E’ introvabile.
Giornata persa?
MAI, si cambia programma.

Gruppo del Velino Sirente – Monte SIRENTE 2349 m
Torniamo al Chalet dei Prati del Sirente, sono le 8,30 e partiamo verso la solita nebbia.
Sergio incrocia una volpe davanti alla sua tana; più avanti numerose sono le orme di lupi.
Risaliamo il bosco sino a 1600 m e intravediamo finalmente il canalone della Valle Lupara e una fascia di boschina che ci separa dall’ingresso.
Sarà per colpa della nebbia, dell’umidità al 90%, della neve fradicia, ma l’aspetto non è invitante e meno male che non si vede cosa c’è sopra.
Un po’ di titubanza. Uno di noi parte con un traverso, dicendo: «vado a vedere»…. e gli altri dietro.
Nel canalone la neve è assestata. La nebbia ci avvolge ovattando tutto, luci e rumori di pietre che scivolano dalla parete di sinistra.
La pendenza aumenta e il buio pure.
Dove stiamo andando?
E’ a questo punto che scopriamo d’avere tra di noi una Guida Emerita del Sirente, Giulio.
Folgorato, non sulla strada per Damasco ma da una visione in Valle Lupara, punta il dito verso il nulla e dice: «DI LA’».
Parte di slancio con ripido traverso a destra e imbrocca l’unica uscita possibile tra quinte di roccia e cornici imponenti.
L’ultimo pezzo di cresta premia i primi arrivati con uno squarcio di sereno che permette di vedere il versante sud, la Valle della Paura e Prati di S. Maria.

Osservazione
.… e da oggi è svanita del tutto l’idea che l’Appennino sia un gruppo montuoso facile. Scialpinisticamente parlando è difficile.
Ce ne aveva fornito prova la Majella, con la salita alla Forchetta e oggi questo canalone della Valle Lupara, con il fratello Maiori (ancor più impegnativo), ci hanno aperto definitivamente gli occhi.
Vedremo cosa ci riserveranno il Velino e il Gran Sasso.

La discesa
Anche questa volta bisogna iniziare con un pendio mozzafiato.
Qualcuno scopre che è più semplice fare le curve che non tentare improbabili “guce”. La notizia si sparge e tutti si fiondano giù inanellando curve su di un marcetto primaverile che regge.
In un amen ci si ritrova al traverso della boschina e per il resto ci si salva come si può.

Il tempo sembra migliorare.
Sss! Meglio non dirlo


Mercoledì 13 marzo
Gruppo del Velino Sirente – Rifugio Sebastiani 2102m

Incredibile splende il sole!! Riproviamo.

Facciamo colazione con tutta calma e poi andiamo a Vado di Pezza dove lasciamo l’auto.
Davanti a noi ci sono gli 8 km del Piano di Pezza, altopiano glaciale e carsico-alluvionale, chiuso in tutte le direzioni e circondato da faggete.
Una vista affascinante.

Partiamo alle 9 e mezzo per il Gran Fondo. Al termine del pianoro, seconda colazione in una radura sgombra di neve. Ripartiamo.
La salita al rifugio ricalca all’incirca l’andamento del sentiero estivo.

Ed ecco il Sebastiani.
E’ chiuso, del gestore nessuna traccia. Arriverà. Mi ha dato tre conferme telefoniche!

Il tempo si guasta … il nostro umore anche.
Davanti all’ingresso del rifugio (eufemismo, qualcuno lo definisce “stazzo”) c’è più di un metro di neve e ghiaccio colato dal tetto.
Per ingannare l’attesa qualcuno estrae la pala e si apre una strada verso il locale invernale. Riusciamo ad entrare. Ci stiamo a malapena in 4 o 5. Inutilizzabile, pensando che siamo in dieci.
Allora si prova a scalare il muro, tentando di entrare da una finestra. Sbarrata.

Altri vanno avanti per vedere l’itinerario che porta al Velino; il Colle dell’Orso è impraticabile. Possenti cornici orlano tutta la cresta; alcune si sono già staccate, facendo scaricare parzialmente il ripido pendio sottostante (35°).
Ci spostiamo allora sulla Croce, sopra il rifugio e individuiamo una via più sicura per scendere nel bacino dell’alta Valle di Teve e di lì risalire alla lunga spalla del Velino.
Ritorniamo al rifugio.

Sono ormai passate le 15, è ormai chiaro che il gestore non verrà. Decisione non facile: chi vuole fermarsi comunque e chi vuole rientrare a Rocca di Mezzo.
Alla fine prevale il buon senso. Si ritorna tutti.

Discesa ancora accettabile sino al pianoro e poi Gran Fondo.
Mugugni.
Si è alzato un vento gelido e cadono ghiaccioli. Arriviamo alle auto.
Sono ormai le cinque e mezzo. Per fortuna ieri è stato acquistato del corroborante locale, che ci riscalda.


Spiegazione del mistero
Al ritorno in albergo mi precipito al telefono: chiamo e trovo il gestore. Lo assalgo dicendogli che lo abbiamo atteso al freddo e al gelo.
Lui mi risponde che non si è mai mosso dal rifugio e ci sta ancora aspettando.
Parliamo due lingue diverse? Gli chiedo dov’è e lui mi risponde:
“Dove vuoi che sia, sono al rifugio Sebastiani del TERMINILLO!!!”
Maledette omonimie. Ho combinato un bel pasticcio!


Giovedì 14 marzo
Gruppo del Velino Sirente – Vetta Costone Ceraso 2182m

Oggi nella serata dovremo arrivare a Prati di Tivo.

In cinque ci ritroviamo alle 6, gli altri hanno deciso di dormire e fare i turisti.

Ritorniamo ai Piani di Pezza, ma senza ripercorrerlo tutto puntiamo sul lato sinistro del catino e con un articolato percorso tra faggete, dossi e creste ci permette di arrivare sulla Vetta Costone Ceraso.
Il tempo è splendido, la neve scricchiola ad ogni passo.

Pare incredibile come anche su crinali arrotondati si creino imponenti cornici; la grande quantità di neve caduta con l’azione simultanea di forti venti provenienti dal mare, è la causa di queste formazioni.

Siamo ormai in cima ma Vincenzo dov’è?
Sta arrivando con un’andatura strana.
Il sole ha fatto la prima vittima.
Sotto il centro degli sci ha due zoccoli di neve alti almeno trenta centimetri, che lo fanno dondolare in avanti e indietro impedendogli di posare punta e coda contemporaneamente.
Il primo sciatore che vedo su dei trampoli.

Possiamo ammirare l’imponente triangolo del Velino e il canale che dalla Valle dei Briganti adduce alla punta.
Per la discesa scegliamo uno dei tanti canaloni che puntano sul Piano di Pezza, evitando quelli con troppa boschina.

Per spostarsi ai Prati di Tivo attraversiamo L’Aquila (caotica), risaliamo al Passo delle Capannelle e discendiamo la valle.
Buona sistemazione alla Gran Baita, ai piedi del Corno Piccolo.
Domattina partiremo con gli sci ai piedi.
Io sono proprio cotto. Devo assolutamente riposarmi.
Nella notte una breve colica renale mi stende del tutto.


Venerdì 15 marzo
Gruppo del Gran Sasso – CORNO GRANDE 2912m

E’ il gran giorno. Partono in nove. Io resto a letto.
Chiedo a Giulio: “com’è il tempo?”, mugugna, “uno schifo”.
Lo saluto senza rimpianti eccessivi.

Verso le 10 mi alzo.
Metto il naso fuori: Giulio aveva ragione, la nebbia avvolge tutto. Spero che abbiano bandierine a sufficienza.

Scendo a Pietra Camela per scattare foto nel paesino. Qui oltre alla nebbia piove ed è buio.

Sono le 12,30: dovrebbero essere già tornati al rifugio Franchetti, penso. La discesa nel vallone delle Cornacchie e il traverso per risalire alla Madonnina, come sarà?

Le ore d’attesa sembrano sempre più lunghe. Cerco di distrarmi.

Ore 15,45, li intravedo!!
Alcune sbiadite figure scendono tra le nebbie e il biancastro livore dell’Arapietra. Li conto: uno, due ….. otto, nove, dieci? undici?? Accidenti sono aumentati!
Vado loro incontro, arrivano sin sul piazzale davanti all’albergo.

Una giacca rossa, un berretto bianco e un paio di baffetti ormai più bianchi che neri: è Beppe. Sta scambiando pacche sulle spalle con Sergio, che oggi chiuderà il XXVI capitolo del suo libro “Pagine di Gloria”.
Tutti e nove in cima al Gran Sasso.
Sotto: nubi procellose e sopra, uno squarcio di sereno.
E’ la giusta ricompensa per questa loro impegnativa ascensione.

M’informo subito di com’è andata.
Giunti all’arrivato degli impianti Beppe va a fiutare dov’è l’impegnativo traverso per entrare nella Valle delle Cornacchie. “Difficile?” gli chiedo. “Non lo so, c’era la nebbia e siamo andati avanti, poi salendo il tempo è migliorato un po’ e ci ha accompagnato sino in punta“.

Al ritorno, all’Arapietra incrociano la guida Marcheggiani che, a piedi, era salito con un cliente. Si complimenta con loro per l’itinerario tracciato e trovato il passaggio chiave, tra le nebbie, per uscire al Colle delle Scalette.
Quest’apprezzamento riempie tutti di soddisfazione e in particolare modo vale per il nostro “gatto soriano”, dai baffi e fiuto infallibili.


Stiamo facendo i bagagli. Mentre scrivo queste ultime righe, vedo dalla finestra della stanza, salire bigie nubi cariche d’umidità. La temuta perturbazione africana sta arrivando.
Possiamo aprire gli ombrelli, caricare le auto e tornare a casa.
Il XXVI Raid si chiude con un bilancio positivo.
Arrivederci al prossimo …. e parafrasando “Pagine di Gloria”:
Vieni con l’Uget e girerai il mondo


Partecipanti
Toni Bressanello detto “il ciclista”
Sergio Brucoli detto “Pagine di Gloria”
Nando Canzian detto “il canavese”
Giulio Comoglio detto “Guida Emerita del Sirente”
Pier Carlo Franco detto “Rasputin”
Beppe Gariglio detto “Gatto soriano”
Aldo Munegato detto “Munecescu”
Vincenzo Mussato detto “trampoli”
Carlo Rizzi “Aristocratico 1”
Sergio Roveta “Aristocratico 2”

Assente
Carlo Sindaco detto “lo strappato” ideatore della proposta