Il … solito Raid

Primavera 2019 ormai inoltrata: tempo di Raid, la summa scialpinistica di fine anno, anno che quest’anno non è stato generoso in precipitazioni nevose come lo scorso 2017-2018 pur consentendo, almeno ai più convinti, di reperire sempre qualche meta di ripiego…

Per finire in gloria i due organizzatori preposti di quest’anno, Enrico e Roberto, avevano pensato niente di meno che al Vallese, con partenza dalla poco proletaria e non proprio vicinissima Saas-Fee che con i suoi quattro 4000, Stralhorn, Rimpifschorn, Allalinhorn e Alphubel, ne fa una ambita meta per qualsiasi skialper.

E tutto sembrava filare per il verso giusto!!!
Finestra di bel tempo prevista, neve abbondante (quando qui da noi in Italia mancava, di là in Svizzera, nevicava…), funivie operative e rifugi aperti e disponibili.

Il relatore della presente era poco interessato a ripetere una simile esperienza vissuta tempo addietro per cui avevo dato forfait se non che…. quei briganti degli organizzatori avrebbero portato un numero di auto che mi avrebbe consentito di “entrare” nel Raid da Macugnaga ovvero dalla parte italiana, esperienza a cui “punto” da tantissimo tempo e non sono mai riuscito a portare a termine per problemi di natura logistica.
I posti liberi nelle auto mi avrebbero permesso di rientrare a Piedimulera (il bivio a fondo valle per Macugnaga) con loro.

Ancora meglio: avrei pernottato al Rifugio Oberto al Passo del Monte Moro e poi il giorno dopo di buon mattino avrei percorso la prima parte della Traversata dei camosci (fatta ma in estate) per poi virare a nord verso lo Schwarzberggletscher Glacier e da un colle approdare finalmente sul Allalingletscher alla cui base si trova la Britannia Hutte dove avrei incontrato i miei compagnucci di viaggio provenienti da Saas-Fee.

In caso di incontenibile energia avrei potuto salire il Fluchtorn, (3795 metri) stretto parente dell’attiguo Strahlhorn che sarebbe stata la prima meta del gruppo GSA dopo il ricongiungimento.

E nel mio ingresso italiano avevo anche trovato degli amichetti nelle figure di Lino, Germano e Daniel che, come da un po’ di anni, prende ferie e ci raggiunge direttamente…. dal Portogallo dove risiede da anni per lavoro.

Insomma tutto perfetto se non che….
Tre giorni prima della partenza il nord (Ossola e Vallese) viene investito da una fortissima nevicata unita, giusto per non farci mancare nulla, da vento impetuoso.

Quel pacioso e rassicurante “rischio due” si trasforma rapidamente in “rischio quattro” rendendo impensabile avventurarsi in una simile iniziativa….

A metterci una pietra sopra per fugare definitivamente eventuali dubbi mi giunge persino una telefonata dai gestori del Rifugio Oberto con cui mi si informa che gli impianti del Passo del Monte Moro sono chiusi per condizioni metereologiche (decisamente) avverse e che quindi il rifugio è chiuso.

Ma ecco allora che i valorosi e fantasiosi organizzatori, in quattro e quattro otto, tirano fuori il Piano B: Valle Stura.

Ci farà da proponente il sempre affidabilissimo Enrico che quest’anno, giusto per non fare sempre gite a casa sua in Val Maira, aveva pensato di dedicarsi alla Valle Stura!

Un’occasione per ripassare, se mai ne avesse bisogno!


DOMENICA 28 APRILE

(Daniel-Enrico-Germano-Lino-Lorenzo-Marco-Roberto-Sergio)

Enrico, Germano e Lino hanno già salito sabato 27 il Monte Oserot partendo da Viviere in Valle Maira mentre il sottoscritto, con Daniel, il sabato sera ha pernottato già a San Bernolfo in Valle Stura.
Sono solo più Lorenzo, Roberto e Sergio che provengono da Torino e al mattino presto ci troviamo tutti a Pianche, punto di confluenza del Vallone di San Bernolfo con la più grande Valle Stura.

In otto risaliamo così la Valle Stura di qualche chilometro per infilarci nel poco conosciuto Vallone di Pontebernardo, un vallone della destra orografica della Valle Stura, poco conosciuto ma noto forse a qualcuno per la presenza del rifugio Talarico a quota 1720.

Prendiamo quota sulla minuscola stradina asfaltata e, giunti intorno a quota 1600 siamo obbligati a parcheggiare causa la presenza di neve on the road.
La meta è il Clai Superiore quota 2982, un BSA non molto frequentato pur essendo una chicca per palati fini.

Giunti al Passo di Vens a 2790 si prosegue per un esposto traverso e, all’imbocco di un corto canalino, di sempre rispettabili 40 gradi lasciamo gli sci e, ramponi ai piedi e picca tutti tranne qualcuno sempre troppo sicuro di sé, saliamo gli ultimi metri dove ci concediamo una lunga sosta.

La discesa, splendida, con neve di grande soddisfazione, viene effettuata sulle tracce dell’itinerario di salita.
Riusciamo a togliere gli sci pochi metri sopra il parcheggio auto.

Sosta rigeneratrice all’ottima Locanda del Fiume, nuovamente a Pianche, ovvero al bivio per Bagni di Vinadio che, per noi che ci pernottiamo tre km a monte, rappresenta il Caput Mundi del progresso avanzato.
Infatti per fare una telefonata dobbiamo scendere giù a Bagni, anche se già Strepeis, che rappresenta la periferia a monte di Bagni il segnale telefonico è decente.

Dopo il reintegro energetico Sergio e Lorenzo tornano a Torino lasciando gli altri sei suppei monti. Torniamo (Daniel et moi) o ci spostiamo (gli altri quattro) a San Bernolfo dove l’ottima locanda del Dahu gestita dal simpatico Beppe è pronta ad accoglierci.

Daniel ed io già da sabato pomeriggio vi pernottiamo; per gli altri quattro è una novità.

Prima di rientrare alla base però posizioniamo un’auto, il capiente Doblò di Enrico, nella valle dell’Ischiator ovvero la Valle parallela più a nord del Vallone di San Bernolfo, il più alto possibile (arriveremo a quota 1630) che ci servirà domani, se riusciamo a completare l’ambizioso anello salendo da San Bernolfo/casa nostra al Corborant e scendendo nel Vallone dell’Ischiator….

I pomeriggi dei Raid sono poi sempre consacrati allo svacco totale: sono sempre pochi gli skialper che dopo oltre 1400 metri di dislivello si soffermano a discettare di argomentazioni filosofiche.

Un’ottima cena conclude alla sera la prima giornata di Raid.
Tutti stanchi, satolli e soddisfatti, ce ne andiamo a dormire in attesa della colazione ore 6,30 di domani…


LUNEDI’ 29 APRILE

(Daniel-Enrico-Germano-Lino-Marco-Roberto)

Stante la velocità di oggi (non troppo rilassata) ed il mio stato fisico non proprio al massimo, decido dopo colazione, di muovermi subito in autonomia. Non andrebbe fatto, sì lo so, ci si dovrebbe muovere in gruppo ma l’andatura del gruppo è un po’ troppo allegra per me, cosicché decido di partire appena finita la colazione ricchissima e variegata.

Fortunatamente la meta di oggi, il mitico Corborant a quota 3010, prevede la partenza da “casa”, dai nostri 1663 metri di quota.

Risalgo solo la stradina, ora sterrata, del vallone di San Bernolfo e dopo una mezz’oretta a piedi mi metto gli sci.
C’è già il sole ma poi torna ad assentarsi per un lungo tratto.

In corrispondenza di un ripido muro di 200 metri – finalmente – sole fisso, anche se piuttosto fresco data anche l’ora mattutina.

Dietro di me mi tallonano guadagnando rapidamente terreno cinque loschi figuri; probabilmente i miei compari che in breve mi raggiungono e ci ricongiungiamo.

Dopo un traverso intorno a quota 2300, non lontano dal grande Lago di Lausfer Inferiore, ci ricompattiamo e rifocilliamo un minimo.

Gli ambienti sono bellissimi e non c’è nessuno in giro.
Purtroppo, se sotto faceva caldo, qui una fastidiosa bava di vento gelido sembra volerci accompagnare lasciando alla neve la consistenza glaciale della notte serena.

Proseguiamo sempre verso nord-nord-ovest ed arriviamo in vista dell’ampio conoide che si trasforma poi in un ripido e stretto canale che adduce ad un colletto che chiamano Colle della Marmotta, forse impropriamente perché le carte parlano di un “buco della marmotta” probabilmente lì vicino ma non dell’omonimo colle.

Il Passo del Corborant invece si trova a sud-ovest della cima che noi raggiungeremo da est, a piedi tutti ramponati e “piccati” tranne qualcuno che ha dimenticato la picca a casa….

Panorama spaziale, peccato per il vento fastidioso.

Siamo sulla vetta di uno dei due Tremila della Valle Valle Stura (l’altro è il Monte Tenibres che sarà oggetto delle ns attenzioni mercoledì 1 maggio) del lungo spartiacque italo-francese che dal Colle della Lombarda arriva fino al colle della Maddalena, compreso tra le Valli Stura, Tinée ed Ubayette.

Torniamo al colletto dopo una sosta che probabilmente avremmo gradito più lunga in punta con l’idea di seguire fedelmente il programma che prevede la discesa dal lato della valle dell’Ischiator, direzione Rifugio Migliorero, che rappresenterebbe peraltro l’accesso “ordinario” alla Cima del Corborant.

Dal Colletto, per noi, si tratta di scendere il ripidissimo canalino il cui imbocco viaggia sicuramente sui 50 gradi per addolcirsi subito dopo.

Arrivando su al colletto mi ero preso la briga di fare un paio di metri su tale versante e, con gioia, avevo subito constatato l’ottima qualità della neve, una farina ben compattata che avrebbe tenuto magnificamente le lamine degli sci, quindi no-problem.

Del resto giù nel Vallone dell’Ischiator, poco sopra il c.d. “Ponte del Medico” in corrispondenza di una catena con lucchetti che sbarra l’accesso, abbiamo lasciato l’auto di Enrico, proprio per consentirci di fare la traversata….

Parto per primo, rubando il posto a Lino che si apprestava a lanciarsi….
I K2 tengono splendidamente, l’unica pecca è il sole, spesso disturbato dalle nuvole, rendendo così tutto grigio uniforme.

Fortunatamente il tratto ripido è davvero breve e non vi sono rocce affioranti per cui anche una caduta non avrebbe conseguenze.

Scendiamo tutti nello stupendo vallone su una neve che, se nel canale era bellissima, lascia ora posto ad una primaverile gelata, sciabilissima ma poco “goduriosa”.
Inoltre il vento anche se non fortissimo è molto freddo per cui perdiamo quota con una certa celerità e, solo molto in basso, la neve comincia a mollare consentendo finalmente una sciata divertente accompagnata anche da una temperatura piacevole.

Scendiamo lasciandoci l’originale Rifugio Migliorero a quota 2094 sulla destra, ovviamente in mezzo alla neve e con qualche brevissima risalita riusciamo sempre a non dovere togliere gli sci.

Ci tocca attraversare grosse valanghe caratterizzate dalla presenza di tanti blocchi ghiacciati che rendono la progressione fastidiosa. Fortunatamente però altri sciatori sono passati nei giorni scorsi per cui spesso si tratta solo di seguire, in qualche maniera, la poco confortevole traccia.

Metro dopo metro perdiamo quota fino a vedere la strada di fondo valle ed intuiamo la posizione del Doblò di Enrico.
Continuiamo, forse con eccessiva caparbietà, sul versante destro più innevato, anche attraversando i non rari fastidiosi e scomodi residui di valanga.

Nell’ultimo, particolarmente intricato, Lino perde banalmente l’equilibrio procurandosi quello che giudica uno stiramento al polpaccio destro.
Niente di grave però… dovrà passare un periodo di riposo…

Inoltre permane il problema di…arrivare all’auto.
Con Enrico davanti scendiamo al torrente tra grosse palle di neve durissima e risaliamo i pochi metri dell’altro versante per guadagnare l’ormai prossima strada sterrata.

Da lì, dopo avere atteso qualche minuto Lino, che ha seri problemi di deambulazione, ci incamminiamo verso il basso per arrivare in breve all’auto.

Ci concediamo un piattone di “creuset” chi ai porri chi al formaggio, una pasta tipica di queste valli, presso una Locanda di Bagni di Vinadio, preceduta da antipasti (che ci verranno omaggiati) e un certo numero di birre che, per questioni di integrità morale è bene non riportare.
Chiudono le danze strudel e crema catalana e poi rientro alla base a San Bernolfo dove Lino, acciaccato, risale sulla sua auto guidabile solo grazie al cambio automatico e ci lascia per rientrare a Torino, come da programma originario.

Cena, come di consueto, alle 19,30 che poi diventano le 20,30 ottima ed abbondante.


MARTEDI’ 30 APRILE

(Daniel-Enrico-Germano-Lorenzo-Marco-Roberto)

Visto che ieri ha funzionato, bisso l’esperienza di partire un po’ prima camminando tranquillissimo e lentissimo.

Ripercorro lo stesso percorso di ieri ma questa mattina non sono solo.
C’è un gruppetto di cinque persone che salgono, più o meno alla mia stessa velocità. Andranno a fare il Corborant ri-discendendo dal medesimo itinerario (non sono molti quelli che hanno l’ardire e l’organizzazione di farlo in traversata!!!)

Grazie ad un paio di intuizioni fortunate i miei amichetti mi raggiungono più in quota, però, osservandoli da lontano salire, qualcosa non mi tornava.
Essendosi aggiunto proveniente da Torino in mattinata, Lorenzo, il numero dei miei inseguitori avrebbe dovuto essere pari a cinque ma continuo a contarne quattro sebbene effettui il conteggio da prospettive differenti che dovrebbero assicurarmi la migliore visuale.

Attendo, ormai già alto, il velocissimo Enrico che mi informa che qualcuno ha pensato bene di dimenticarsi le pelli degli sci accorgendosene solo al momento in cui andavano messi…. Di corsa è tornato giù ma, oltre alla faticaccia di recuperarci, aumenta anche il dislivello.

Il buon Roberto rallenta la chiusura, se una chiusura è mai esistita, mentre noi davanti, leggi Enrico e Lorenzo, cercano di non accelerare troppo, consentendo a chi è dietro di raggiungerci.

Il percorso è quello di ieri fino a poco prima del Lago di Lansfer.
Di qui svoltiamo decisamente a sinistra, ovest, inerpicandoci sui pendii, a tratti anche sostenuti, che costituiscono una lunga dorsale da nord a sud che comprende le Cime dell’Ischiator, il Corborant (di recente memoria) le cime di Malaterra (di cui saliremo la centrale), la Rocca Negra (che visiteremo subito dopo).

Il solito canale finale è attaccato con cattiveria da Enrico e noi altri cerchiamo di andargli dietro.
Fortunatamente non fa più freddo come ieri ma, se da un lato il clima è più accettabile, l’ampio canalone è scaldato dal sole che rende la neve piuttosto molle causando difficoltà o almeno una progressione poco veloce.

Arriviamo così ad un colletto sci in mano e messi ramponi e picca via sulla cima, peraltro a pochissimi minuti dal colletto.

Ampia sommità da cui scorgiamo, finalmente, i due amici che ormai ci hanno quasi raggiunto.

Torniamo al colletto ed Enrico comincia a battere traccia sulla cresta che unisce le punte della Malaterra e che volevamo percorrere.

Un passaggio nascosto si rileva invece troppo pericoloso ed optiamo quindi per una “tranquilla” discesa dal canale, ripido ma intonso e molto attraente; inoltre il sole ha reso la neve discretamente molle il che facilita di molto ogni operazione, semplificandola.

Mi perdoneranno gli amici indietro ma anziché aspettarli mi preparo, del resto lo spazio è poco, siamo su una cengia stretta ed esposta e, preparatami una piazzola, mi trasformo in sciatore.

Parto dopo poco, Roberto e Germano sono comunque già in punta alla Malaterra, ormai ci hanno raggiunto.

Neve bellissima, nessun problema; cerco, mentre mi dirigo verso sud dove ripelleremo per salire alla Rocca Negra, di non perdere troppa quota, ma la neve è così divertente che mi concedo due curve in più per ripellare in un’ampia e piatta zona, 180 metri sotto la Rocca Negra, che dai suoi 2837 metri di quota consente una vista magnifica sul vallone di San Bernolfo dove, piccola-piccola, si vede la frazioncina presso cui c’è la nostra base.

Fa caldo, si suda ma in capo ad una mezz’oretta sono in punta alla seconda ed ultima cima di oggi.
In breve tutti arrivano e, rifocillati e ammirato il panorama, ci prepariamo alla discesa.

In tre scendiamo dal canale a sud della vetta vera e propria, gli altri da un canale analogo più a nord della stessa.

Ricongiuntici poche centinaia di metri sotto, ci dirigiamo lambendo il vallone di Barbacana che dà il nome all’omonimo Passo, alla base, giungendo sci ai piedi ad una manciata di minuti dal nostro Dahu.


MERCOLEDI’ 1° MAGGIO

(Claudio-Daniel-Enrico-Germano-Lorenzo-Marco-Roberto-Sergio)

Ultimo giorno di RAID.
Per chiudere con i fuochi artificiali, Enrico propone la salita al Tenibres che, con i suoi 3031 metri di quota, è la montagna più alta tra il Colle della Lombarda ed il Colle della Maddalena.

Si tratta del “solito” BSA che prevede l’arrivo in punta con i ramponi ai piedi.
Mi sembra sia un po’ una caratteristica di queste montagne di prevedere degli arrivi in punta non con gli sci ai piedi!!!

Comunque dalla punta è possibile scendere in un canale…. valuteremo la difficoltà, anzi la fattibilità, quando lo vedremo.

La partenza è da Pietraporzio 1225m grazioso paesino qualche km più in alto di Pianche 968m per cui “sbaracchiamo” tutto; non torneremo più su a San Bernolfo.
Pietraporzio si trova alla base del Vallone del Rio del Piz così come Pianche si trova alla base del Valloni dei Bagni (ma che noi confidenzialmente e del tutto impropriamente chiamiamo vallone di San Bernolfo).

Da Pietraporzio inizia una lunga strada che si inoltra nell’interminabile vallone; un cartello con display ne vieterebbe l’accesso ma…. sembra che, almeno in questa stagione, il transito sia consentito per cui, sperando di non trovarci sorprese saliamo comodamente in auto.

Ci fermiamo poco sotto i 1500 metri di quota al Pian della Regina e, in un ampio piazzale, ci carichiamo gli sci sullo zaino e cominciamo la lunga marcia.

Quest’oggi le “new-entries” sono Claudio e Sergio (quest’ultimo già presente domenica 28 al Clai Superiore) per cui il totale della combriccola ammonta oggi ad otto elementi.

Tra cui il più scarso risulta indubbiamente lo scrivente.
Infatti, già stanco alla partenza, ben presto mi trovo in coda e, più passa il tempo, più mi domando se non sia il caso di fermarsi ed attendere, depresso dalla deludente prestazione, il ritorno dei prodi.

Forse anche la meteo, che oscilla tra il nuvoloso e il semi-sereno, non contribuisce a sollevare l’umore. Un paio di pie soste da parte dei più scatenati fa sì che li raggiunga e, ogni volta, riparto.

Maledico questo vallone del Rio del Piz che sembra non terminare mai!
Gli sci li mettiamo solo dopo un’oretta di (mal)sano portage intorno a quota 1700 continuando sulla stradina sempre più innevata.

Giungiamo così al bivio: a sud, verso il Rifugio Zanotti si prosegue per il Becco Alto di Ischiator, un 3000 “mancato” per soli quattro metri.

Ad ovest un maledettamente ripido pendio è invece il nostro terreno di gioco che adduce al Vallone superiore del Piz, costeggiando il Lago Mongioie della cui presenza assolutamente non mi rendo conto, non so se perché innevato o perché, più probabilmente, sono alla frutta come energie.

Inoltre la meteo sembra peggiorare e cio’ mi indurrebbe ancor di più a porre un freno a questo martirio ma le caritatevoli soste dei compagnucci di gita mi spronano a proseguire.

Giunti nei pressi di quello che sembra un po’ la fine del Vallone a sinistra si elevano dei ripidi canali uno dei quali porta al Passo di Rabuons a quota 2872 e rappresenta la via normale per arrivare in cima al Tenibres.

Ma qui ho una brillante pensata….
Ma se il mio stato comatoso fosse dovuto alla scarsissima colazione?
Ho pochissimo da mangiare con me e mi trovo ad elemosinare qualche barretta dai miei amici che prontamente mi forniscono.
Passano dieci minuti e mi sembra vada molto meglio.

La depressione si è sostituita al sopportabile e non certo nuovo senso di affaticamento ma è al livello “normal”; stringendo i denti e agognando come sempre l’arrivo in cima, l’umore è nettamente migliorato.

Sergio, in punta al gruppo che è salito per la normale, sta facendo una traccia fantastica e proseguire nelle retrovie è facile, sicuro ed anche veloce.
Il canale viaggerà sui 40 gradi e la neve è molto bella.
Non usiamo neppure le picche: ramponi e bastoncini sono sufficienti.

Enrico e Claudio, con energie da vender hanno invece optato per un canale più avanti nel vallone che ha la prerogativa di terminare praticamente in punta.

Se le loro impressioni saranno favorevoli scenderemo tutti di là, sci ai piedi, pendenza e qualità della neve permettendo, ça va sans dire.

Giunti al Passo di Rabuons ai citati 2872 metri, una lunga cresta, ampia si eleva morbidamente verso il cielo orientata verso sud-ovest.

Sergio è già partito e dapprincipio penso sia la Tete de Lusernier la nostra meta ma quando lo vedo proseguire verso destra devo ricredermi.

Poco dopo appariranno anche Enrico e Claudio in vetta al Tenibres i quali, optando per il canale diretto e a tutto vapore, sono arrivati parecchio prima di noi.

Mi viene spontanea l’associazione con Whymper e Carrel al Cervino e ci rido sopra…

Un passaggio che ad un primo sommario studio poteva rappresentare un problema è superato senza tentennamenti (ma ricorrendo, per maggior sicurezza, all’uso della piccozza).

Transitiamo all’imbocco del (relativamente) facile canale che probabilmente costituirà la ns via di discesa e pochissimi metri ci dividono dalla croce di vetta che rappresenta l’ultima cima di questo faticoso ed impegnativo Raid o Raduno o, con licenza poetica, Raiduno.

Purtroppo la nostra permanenza in vetta non è beneficiata dalla visibilità che avremmo auspicato ma non si sta male, c’è poco vento, il canale di discesa sembra quasi banale.

Enrico e Claudio ne hanno dato parere positivo e, osservando le loro peste di salita, posso valutare la qualità della neve che mi pare ottima. La pendenza è non superiore ai 40 gradi che, con siffatte condizioni e con l’esperienza dei giorni scorsi, mi sembra tranquillamente alla nostra portata.

Finalmente sto bene, anche se il pensiero di ripercorrere il lungo vallone dell’andata mi infastidisce, per cui accelero per essere il primo a scendere la canaletta.

Sistemato il tutto attendo qualche minuto redarguito dal capogita Rupert che, con spirito socializzante correttamente mi invita ad attendere qualche minuto…
Attendo qualche minuto ed anche che il sole crei quella visibilità indispensabile a valutare correttamente le pendenze e poi quando anche Claudio è pronto, partiamo in due.
Nessunissimo problema, solo la maledetta visibilità che azzera le prospettive e rende più difficile e leggermente più problematica la discesa….

Arriviamo sotto tranquilli e beati ed attendiamo l’arrivo di qualche altro skiadur.
Ma non scende nessuno.
Decido allora di portarmi alla base del canale che salimmo, ovvero quello che mena al Passo di Rabuons: Sergio avendo lasciato gli sci nei pressi del Passo è tornato da solo sui suoi passi e deve ora scendere per la medesima via di salita.

Giunto alla base mi fermo con Claudio ad aspettarlo.
Non lo vediamo ma un contatto radio fortunato e… le doti di superman del valsusino, ci tranquillizzanno ulteriormente.
Scenderà il primo tratto ramponi ai piedi e poi a metà canale si metterà gli sci per raggiungerci tutti alla base del canale. +

Bene.
Tutto sembra andare per il meglio.
Se non fosse per questa visibilità che appiattisce tutto, cancellando le prospettive…
Ed infatti…

Enrico, sulle cui doti di sciatore nessuno potrebbe obiettare alcunché, non vede un salto ed atterrando male si procura una lesione che gli rende impossibile proseguire autonomamente.

Non ci resta che chiamare i soccorsi che in capo ad una 40ina di minuti arrivano.
Magico elicottero, viene subito preso in cura dallo staff ed imbarcato sul velivolo che fa rotta sull’ospedale di Cuneo.
Gli verrà diagnosticata una frattura composta al perone, niente di grave fortunatamente ma che cambia l’umore del gruppo che, giunti a questo punto del Raid, avrebbe dovuto essere raggiante pur non dimenticando l’altro, anch’esso lieve, incidente a Lino occorso un paio di giorni fa.

Noi sette rimasti proseguiamo la discesa su neve bella e sciabile, seppure ormai molle.

Transitiamo nei pressi del Rifugio Zanotti e raggiungiamo poi la stradina cercando di sfruttare al massimo le residue e sempre più esigue strisce di neve che ci consentano di usare le assi.

Ci resteranno poco più di duecento metri di dislivello da fare sci in spalla per giungere alle auto.

Quando con le nostre auto raggiungiamo il fondo valle, Lorenzo e Robi, possono finalmente usare i cellulari che hanno copertura e mettersi in contatto con Enrico per organizzare la logistica (Enrico aveva lasciato l’auto a Pianche).

Ci concediamo un veloce spuntino a Pianche e poi ci dividiamo: chi all’ospedale di Cuneo a portare auto e chiavi ad Enrico, chi a Torino direttamente.


Il Raid 2019 si è così concluso dopo quattro giorni, per qualcuno addirittura cinque, di attività intensa, sostanziosamente corroborata da calorici recuperi a pranzo e cena nella splendida Valle Stura, terra magicamente vocata alla pratica dello sci-alpinismo.

I più fervidi auguri di prontissima guarigione ai due infortunati che, tutti ne siamo convinti, vuoi per l’età, vuoi per la tempra, saranno di nuovo in pista forti come prima in capo a qualche settimana.

Ottimo pernottamento presso il Dahu di Sabarnui, rifugio aperto dodici mesi all’anno che in inverno rimane accessibile only by fair means e questa scelta dei gestori fa loro onore.

I dislivelli di ciascuna gita si attestano intorno ai 1300 – 1400 metri eccezion fatta per il Tenibres che ha superato i 1600 metri.

Infiniti ringraziamenti a tutti i validissimi partecipanti che hanno reso possibile questo momento unico che rappresenta il top dell’attività Sci Alpinistica dell’anno, in modo speciale a chi si è preso la briga di organizzare in pochissimo tempo una variazione globale rispetto ai piani da tempo progettati.

Ringraziandovi per la spero non troppo noiosa lettura, saluti a tutti,

emmecì


Fotografie di Marco Centin.

Per vedere e scaricare queste e tutte le altre foto di Marco potete cliccare quì.