Tutti gli articoli di Alberto Torazzo

WEEK END 2022 GSA

Primo giorno di raduno
Secondo giorno di raduno

In data 9 e 10 Aprile riusciamo a portare a casa, dopo l’exploit positivo di sabato 19 Marzo (al Tellier), un altro piccolo successo. Lo stringato programma gite di quest’anno, mutilato da un inverno con tre mesi di siccità giusto per non parlare della coda della pandemia e dei tragici eventi del 13 Febbraio, si arricchisce di un fine settimana a Riale, in alta Val Formazza, ovvero quel piccolo lembo di terra che si insinua, curioso, in Svizzera essendone circondato per tre quarti.

L’Ossola, di cui la Val Formazza fa parte, con le sue Alpi Lepontine, è sicuramente generosa di neve (abitualmente) quanto restia a regalare generose giornate di sole ma un “discreto” fondo di innevamento, unito alla quota rispettabile, ben ci facevano sperare di riuscire a portare a casa qualche risultato apprezzabile.

Pochi giorni prima (giovedì 24 e venerdì 25 Marzo) uno stringatissimo gruppo di tester sondava, con soddisfazione e successo, le due salite ai Corni di Nefelgiù ed alla punta Valrossa con condizioni di neve e di meteo splendide.

Luogo ideale deputato al pernottamento avrebbe dovuto essere il Rifugio Maria Luisa il quale, trovandosi alla rispettabile quota di 2150 metri, avrebbe garantito un migliore e più certo innevamento ma altri gruppi ci avevano preceduto obbligandoci al ripiego di lusso e non certo meno confortevole albergo AALTSDORF di Riale, ottimo sotto tutti i punti di vista ma posizionato a “soli” 1730 metri.

Data la distanza di Torino il venerdì 8 Aprile nel primissimo pomeriggio in quattro partiamo alla volta di Riale che raggiungiamo in tre ore di viaggio. Mentre ci concediamo due passi nella piana di Riale, prima di godere della compagnia di Giorgio (C.), Cristina, Guido, Carlo, ci allieta una brezza non troppo delicata che non ci abbandonerà neppure il giorno successivo quando saliremo ai Corni di Nefelgiù.

Ottima cena, rigenerante pernottamento (qualcuno in camper nel piazzale antistante l’albergo) e al mattino di sabato si parte dopo una luculliana colazione. L’accesso all’itinerario per il Nefelgiù potrebbe comodamente essere di fronte all’albergo ma la penuria di fondo ci obbliga ad un piccolo detour transitando nei pressi del Rifugio BIM SE e guadagnando quota su una stradina che, per la sua favorevole esposizione, gode di più duraturo innevamento (già giovedì 24 marzo, del resto, eravamo passati di qua).

Le previsioni meteo danno miglioramento e riduzione del vento ma nonostante la visibilità si mantenga sempre ottima non possiamo dire di essere saliti in condizioni facili. Una lode alla determinazione e caparbietà dei presenti che, in una “classica” sociale invernale da trenta partecipanti, avrebbe – ancora sul nascere – avuto esiti ben diversi!

La poca neve che cade da giorni non si attacca al fondo ghiacciato o gelato, accumulandosi in qualche anfratto ed il vento costante obbliga o perlomeno consiglia l’utilizzo di maschere in luogo dei più comodi occhiali. Eppure, nonostante le condizioni non idilliache, riusciamo quasi tutti ad arrivare sulla vetta sciistica da cui il panorama è purtroppo molto limitato per le nuvole.

Breve permanenza in punta: sotto la crestina finale il vento ci concede un piccolo riparo dove comunque togliere le pelli e prepararsi alla discesa è relativamente agevole. Qualcuno trova addirittura le forze per ballare in punta…. Da qui, pochi metri sopra il Colle di Nefelgiù, il panorama sarebbe mozzafiato con il Rifugio Margaroli sotto di noi, ma purtroppo oggi ci è precluso.

Discesa premiata, in alcuni punti, da neve anche bella. Totale assenza di altri sciatori in giro (sic!) e comunque in sci fino all’albergo su neve, nel complesso, più che buona.

Pomeriggio in albergo a scrutare le evoluzioni della meteo che, ancora una volta, promette un miglioramento che speriamo realistico….

Nel corso di sabato ci hanno raggiunti ancora Alberto ed Elisa, pure loro in camper e domani Alberto si aggiungerà alla ciurma, con un’altra new-entry, Giorgio proveniente da Milano (e con lui, ma non iscritti, altri quattro scialpinisti milanesi).

L’alba di domenica mi vede un po’ deluso perché le bandiere a pochi metri dalla finestra della mia camera sono ancora belle tese….sob….

Partiamo, piuttosto tardino, per l’ambiziosa meta che è il BASODINO, una BSA che, in condizioni idilliache, si presenta accessibile ad un pubblico vasto, anche se ben allenato dati i suoi oltre 1600 metri di dislivello ed il non trascurabile spostamento di oltre venti km.

Le condizioni non sono perfette: è giorni che nevica e tira vento ma, almeno fino alla Bocchetta di Castel, sono convinto che non incontreremo problemi. Un problema ce lo dà invece la dimenticanza di parte dell’attrezzatura ad opera di una compagna di Giorgio di Milano. Problema che risolviamo grazie ad Elisa che, non salendo, presta generosamente le sue scarpette alla sbadata (ma in gambissima) Lavinia.

La salita fino ai pressi del rifugio Maria Luisa (che neppure si vede dal bivio in cui si abbandona la traccia comune) ci “ruba” più di un’ora svolgendosi su strada che, soprattutto nella parte bassa, è parzialmente priva di neve. Primo ricompattamento e ri-partenza, all together.

All together per poco perché il ns prode capogita Henry from the Maira Valley, non riesce proprio ad andare piano.  Stacca infatti tutti e si cimenta a disegnare una (peraltro stupenda) traccia nel canalone che porta alla bocchetta di Castel che, potremmo dire, dà la stura alla parte alta di percorso.

Qui si accede al ghiacciaio del Basodino, oltre che….cambiare stato: il ghiacciaio, come la punta, sono territorio elvetico. La neve … sembra la stessa ma a guardarla bene, è neve svizzera.

Fortunatamente il vento è cessato quasi del tutto. Il magico ambiente, la neve perfetta, il meteo finalmente ristabilitosi, rendono questi momenti della salita impagabili. Continuiamo, con un discreto sfilacciamento, la salita, anche se alla bocchetta c’è stato un ulteriore ri-compattamento del Gruppo.

Del resto la strada percorsa, la quota , per qualcuno, la gita di ieri, cominciano a farsi sentire nelle gambe. Traccio l’ultimissimo e breve tratto di salita; dopo poche “gucie” abbandoniamo gli sci e calziamo ramponi, picca nella mano e via, alla ricerca di un percorso in cresta che ci porti fino in vetta. L’ultima volta che ero stato sui di qui (sabato 24 aprile 2021) le condizioni erano ben diverse: una cresta con poca neve, dura, con una traccia auto-stradale, oserei dire banale. Oggi non ci sono tracce, bisogna inventarsi una strada.

Mentre Gianluca di Milano ed il sottoscritto optano per un intaglio nella cresta (che ci obbligherà poi ad arditi passaggi di arrampicata su placche molto esposte) Enrico disegna un percorso più facile che seguiremo poi un po’ tutti al ritorno. La salita, nella neve comunque profonda, nella cresta, che adesso di cresta ha poco, ci porta via non poco tempo ma una buona percentuale dei partenti arriva su.

O almeno ci prova.

Arrivata Bruna in vetta si chiudono le danze e tutti giù, agli sci, un’ottantina di metri più in basso, del resto è già parecchio tardi. Qualcuno però, ostinato e…notevolmente indisciplinato, continua a salire e mi obbligherà ad aspettarlo per oltre mezz’ora, al freddo, nonostante l’invito ad abbandonare la salita. Al suo arrivo esibisce oltretutto dei ramponcini ridicoli su cui ogni commento sarebbe superfluo. Per fortuna, tutto va bene.

Mettiamo gli sci ed iniziamo la lunghissima discesa che prevede la risalita alla bocchetta di Castel che faremo sci in mano. Fortunatamente le numerose “peste” di chi ci ha preceduto renderanno questi 60 metri meno faticosi: avremmo potuto rimettere le pelli o scalettare ma la presenza delle orme consolidate ci rende la progressione relativamente agevole.

La discesa nel canalone di Castel è, ancora una volta, impagabile. E l’arrivo poi, nel vasto pianoro, a quota Rifugio Marialuisa, fa assaporare, l’uscita definitiva dalle tribolazioni e, seppur con notevole anticipo, la fine delle fatiche.

Infatti, dopo alcuni tornanti della lunga stradina che ci riporta a Riale, la neve sparisce obbligandoci a caricarci gli sci in spalla e scendere il resto del percorso sul sentiero al fine di “tagliare” i lunghi traversi che addolcirebbero la pendenza ma ci farebbero fare molta più strada.

Arriviamo a Riale, noi ultimissimi, ben dopo le diciassette, tutti stanchi e felici.

Un’altra magnifica salita.

Festeggiamo con gli amici di Milano bevendoci una birra nel dehors dall’AALTSDORF ora inondato di sole che, una volta tramontato, finiamo nell’accogliente interno che ci ha ospitato con un trattamento che migliore non avremmo potuto chiedere.

Caricate le auto, ognuno verso casetta sua dopo due giorni … di montagna stupenda!!!

Due giorni magnifici, una scommessa contro il brutto tempo, che alla fine ha premiato la perseveranza e ci ha consentito di portare a casa una gita super-magnifica, di quelle che resteranno nella memoria.

Grazissime a tutti i partecipanti che hanno, ancora una volta, avuto fiducia lanciandosi in questa piccola impresa dagli esiti fortemente incerti ed hanno, con la loro meritoria attività, contribuito a far garrire la storica bandiera del GSA che quest’anno non ha potuto beneficiare di condizioni troppo favorevoli: Bruna, Cristina, Elisa, Germano, Giorgio (C.), Enrico, Carlo, Guido, Alberto, Giorgio (A.) di Milano.

Ad maiora!

Marco Centin

TELLIER

Finalmente riprendiamo la nostra attività sociale dopo la pausa riflessiva dei recenti fatti.  Non è che la neve ci sia di aiuto, difatti scarseggia abbondantemente (!) in questo inverno bizzarro e avaro di precipitazioni nevose. Ci mancava sollo questa dopo il COVID! 

Per non perdere tono abbiamo quindi scelto di giocare un jolly in terra Svizzera, ossia il Tellier: un migliaio di metri  di dislivello giusto al di fuori del tunnel del Gran San Bernardo, dove sembra che gli Elvetici conservino gelosamente un po’ della Bianca Materia. Ci mettiamo anche un viaggio in bus al limite della non-capienza, per agevolare il notoriamente costoso transito.

Effettivamente di la’ dal tunnel la neve c’è, non molta di più che da noi, ma basta per partire sci ai piedi dal parcheggio. Dato il carattere marginale della gita il nostro capogita Renato decide di farla ramponi ai piedi fino in cima, lo aiiuterà un bel venticello che manterrà la neve dura per quasi tutta la salita. Con 22 partecipanti e poco allenamento per via della stagione avara, giungiamo in cima sotto una bella giornata, inizialmente ventosa, con un bel panorama ad attenderci. La discesa si svolge tranquillamente su neve dura, crostosa, marcettta e gialla per la neve del deserto! Non ci facciamo mancare nulla. 

Al termine ci aspetta il bus e un comodo rientro a casa.